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28/02/2016, 15:06

AMARCORD: QUANDO ODERZO SFIDÒ FRASCATI

 

I ricordi del rugby de ‘na volta...

 

Sabato 27 febbraio una numerosa compagine di appassionati rugbisti opitergini, giovani e meno giovani, era presente sugli spalti dello Stadio Olimpico di Roma per sostenere la nostra Nazionale nella terza giornata del Sei Nazioni contro la formazione scozzese. Invece, oggi domenica 28 i giovanissimi della nostra under 14 parteciperanno al torneo “Carpe Metam”, riservato alla categoria, organizzato dalla U.S. Primavera Rugby; torneo nel quale incontreranno, tra le altre, la formazione del Rugby Città di Frascati.

 

Fin qui, nulla di nuovo rispetto al solito. La Società non manca mai di offrire agli appassionati la possibilità di seguire dal vivo almeno una partita della Nazionale nel corso del Sei Nazioni. Inoltre, nonostante ogni trasferta sia un’esperienza vissuta sempre positivamente dai nostri ragazzi, la Società ormai da anni consente ai suoi giovani giocatori di confrontarsi con altre realtà rugbistiche, attraverso tornei e amichevoli, sia nazionali che internazionali, in casa e fuori casa. Questo perché è indispensabile che la crescita dei giovani, dai punti vista umano e sportivo, passi anche attraverso il contatto con altre culture rugbistiche.
Tuttavia, in mezzo a tutto questo, c’è qualcosa di più, qualcosa di nuovo...o meglio, qualcosa di vecchio che torna a galla. Infatti, quello che non tutti sanno (e in pochi forse se lo ricordano) è che il Rugby Oderzo non è la prima volta che si avventura tra le lande laziali. In particolare, è già capitato, in tempi non sospetti, che la squadra opitergina (al tempo, under 17) si incontrasse con i frascatani. E non in una semplice amichevole, ma in due incontri della fase finale del campionato nazionale di categoria.

 

Frascati, modesta cittadina non lontana da Roma, sembra avere molte cose in comune con Oderzo: le dimensioni più o meno simili, il buon vino (in particolare un bianco, il Frascati DOC), una bella campagna che vanta una consolidata tradizione agricola, le numerose ville (le veneziane sparse nel nostro territorio, da loro invece le famigerate Ville Tuscolane)...e la passione per il rugby. Come sappiamo, Frascati è un’importantissima realtà nel panorama rugbistico laziale, con un grande passato in serie A. Attualmente, a voler cogliere un’altra analogia con Oderzo, la sua prima squadra milita nel campionato di serie B, come i nostri Ragazzi del Piave.

Inoltre, Frascati e Oderzo condividono anche un rugbista di fama nazionale, non tanto per i suoi meriti sportivi, quanto per quelli culinari. Naturalmente, stiamo parlando di Gabriele Rubini, in arte Chef Rubio, di origine frascatana ma opitergino d’adozione. La sua crescita culinaria, infatti, è cominciata proprio a Oderzo, grazie ad uno stage fatto presso il prestigioso ristorante Gellius condotto dal Maestro Alessandro Breda; con il quale è passato, da un rapporto allievo-insegnante, a una sincera amicizia.

 

Piacevoli similitudini tra due territori molto distanti tra loro; ma, come accennato, anche una piccola rivalità, la cui voce si era persa nella storia…almeno finora. Trent’anni dopo i fatti, andiamo a riscoprire quei due incontri, grazie ai ricordi di uno dei diretti interessati: il dirigente della prima squadra Marco Corona.

 

Tra l’aprile e il maggio del 1986, il Fato volle che le under 17 delle rispettive città si incontrassero in due partite: andata ad Oderzo e ritorno a Frascati, due gare valevoli per i quarti di finale del campionato nazionale di categoria.

Marco racconta: “Mi ricordo come se fosse ieri. In quegli anni avevamo una squadra ben assortita: una mischia pesante ma mobile, tre quarti rapidi e veloci e una mediana niente male, con ‘Pice’ Dalla Nora a guidare la mischia e Andrea Zanusso a dirigere i tre quarti. La strada per arrivare a Frascati non fu facile: dopo un primo girone di selezione, ci toccò un barrage a tre squadre insieme a Paese e Belluno. Perdemmo contro il fortissimo Paese (che poi, infatti, andò a vincere lo scudetto giovanile) e vincemmo a Belluno all’ultimo, grazie a una trasformazione di ‘Steno’ Furlan. Incontrammo ai sedicesimi Imola, agli ottavi Prato: in entrambi i casi partite tirate fino alla fine e vinte di poco, nonostante esprimessimo un buon gioco.

Ai quarti, capitò il Frascati. All’andata in casa facemmo una bella partita con due mete: la prima firmata da Furlan, mentre quella decisiva fu segnata da Zanusso che, purtroppo, nella stessa occasione rimediò, a causa di un intervento avversario in netto ritardo, la frattura alla gamba che lo tenne fermo parecchio: e infatti non potemmo andare a Frascati coll’apertura (e piazzatore) titolare.

Il ritorno fu un’impresa fin dalla partenza. Trasferta estenuante in corriera fino alla Capitale, poi giro turistico (sempre a bordo della corriera) e infine approdo all’arrivo. Il giorno dopo avremmo giocato, ma la squadra appariva stanca, spaesata, un po’ dubbiosa e deconcentrata. Agli allenatori Brocchetto e Pizzolato toccò l’arduo compito di motivare i giovani: sarebbe stata una partita durissima, con i romani incazzati neri, e se entri deconcentrato in un campo da rugby non solo perdi la partita, ma rischi pure di prenderle e di farti male.

Come avremmo dovuto aspettarci, il Frascati ci aspetta in campo pronto a darci filo da torcere e a farcela vedere. Il campo della squadra locale pare un anfiteatro, con una tribuna ricavata da una collina sbancata che incombe sui giocatori e con qualche sparuto filo d'erba che spunta dai perimetri più esterni: un campo di battaglia desolato e desolante, con i pali dell’acca cortissimi.

La foga e la velocità con cui i frascatani ci affrontano non ci permettono di costruire un gioco strutturato: il palloni giungono ai tre quarti lenti e sporchi, le azioni sono farraginose, fatichiamo nei break-down. Siamo più forti lì davanti e nel primo tempo riusciamo anche ad andare in vantaggio, ma non basta per mettere la partita sul binario giusto. La poca concentrazione si manifesta interamente quando, nel primo tempo, una meta fatta viene sbagliata per un banale errore di handling. La pressione dei padroni di casa non smette mai, finché nel secondo tempo il Frascati supera l’iniziale svantaggio e chiude la partita sul finale con una meta in bandierina.

Loro vanno avanti, noi torniamo a casa sconfitti: ci accompagnano delusione e amarezza, consapevoli del fatto che se avessimo giocato come all’andata saremmo sicuramente passati.”

 

Nonostante il risultato, anche in quella trasferta (come in ogni partita di rugby che si rispetti) ci furono alcuni episodi divertenti. Marco, a tal proposito, ricorda: “Gli allenatori erano nervosi e molto presi dalla partita, tanto da mandare Boscariol (rimasto in panchina) a scaldarsi ogni cinque minuti...senza però farlo mai entrare. Alla fine della partita sembrava più provato anche di quelli che erano scesi in campo!”

Gli episodi goliardici non mancano nel dopo-partita: “Il ritorno in corriera fu allietato da barzellette e frizzi boccacceschi dell’autista. Una volta arrivati a casa, inoltre, uno dei nostri provò a smorzare il rammarico per la sconfitta cercando di ottenere un caloroso conforto dalla morosa di turno, la quale però non dovette accettare molto il ruolo da sostituta e così finì per piantare il malcapitato, lasciato solo e insoddisfatto.”

A chiudere il nostalgico resoconto, Marco dice qualcosa di più: “Avevamo davvero una bella squadra; la stessa che, due anni dopo, giunse alla finale nazionale, che però perdemmo a Firenze contro il CUS Aquila…”

 

...ma questa è un’altra storia.

 

Ultima modifica: 28/02/2016 alle 16:10

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