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01/03/2012, 23:57

IRELAND'S CALL (part one)

 

Ireland's call: questo è l'inno proprio della nazionale irlandese di rugby, l'unica che unisca le due parti d'Irlanda. Nord e sud, protestanti e cattolici si uniscono in una sola squadra quando si tratta di rugby, e per questo ci vuole un inno che simboleggi l'unione. E' l'inno più giovane, creato appositamente per il rugby a metà anni novanta, è anche il più famoso, è quello in inglese, quello che cantano tutti gli Irlandesi, perché il gaelico non è poi così diffuso, quello che si è sentito di più sabato scorso contro l'Italia all'Aviva Stadium, ex Lansdowne Road, cantato da 50'000 Irlandesi in maglietta verde e capelli rossi venuti a sostenere non solo una squadra, ma il tratto d'unione che collega due stati che fino a poco fa erano in guerra fra loro. Ireland's call, la chiamata dell'Irlanda: questa volta non ha attirato solo qualche decina di migliaia di autoctoni, ma anche una compagine di quaranta pazzi Celti della Val Padana, quaranta pazzi Opitergini che hanno voluto mettere il naso fuori dalla calciofila Italia per andare a vedere come si gioca a pallaovale nei barbari paesi del Nord.

Partenza dall'aeroporto di Treviso il 23 febbraio alle 15.00; ci troviamo ad affrontare subito qualche problema all'imbarco che riusciamo a risolvere. Per strada si incontreranno vari inconvenienti che metteranno a dura prova le energie di Bara the President e del suo valido scudiero Capitan Gregory. Dopo un viaggio molto agevole (10 ore per arrivare a Dublino, facendo scalo a Londra) arriviamo ben riposati, verso circa le due di mattina del 24, all'ostello destinato a fornirci la base operativa per le incursioni diurne (anche e soprattutto notturne) fra le vie di Dublino. Alcuni, dopo aver sistemato le valige in camera, hanno ancora la forza di camminare ed escono per una passeggiata notturna; i più si distendono sul letto, spossati dal viaggio. Il giorno dopo, visita culturale della città: due orette a zonzo, cercando di vedere qualcosa di interessante. L'unica cosa notevole è la quantità di pub per ogni via. Per mezzodì riusciamo ad organizzare una pastasciutta all'interno dell'ostello; successivamente, molti se ne tornano in camera a continuare quanto interrotto a causa della camminata culturale. Dopo due orette di dialogo con il cuscino del letto, incontriamo il nostro contatto in Irlanda che ci accompagna nel luogo dove, alle sei, avverrà il match interculturale. Arriviamo a destinazione per mezzo della ferrovia: il nome del paesino alla periferia di Dublino è Clontarf, il cui simbolo è un toro rosso su campo blu, e la cui squadra ha dato i natali ad alcuni attuali giocatori della nazionale del trifoglio. Le maglie della squadra avversaria ricordano perfettamente quelle del Rovigo; si spera che non siano forti come la giovanile rovigotta. Il campo è in condizione idilliache per noi: una leggera pioggerella mattutina ha rinfrescato il manto erboso del campo, situato su terra soffice. Siamo carichi e la tensione è percepibile a fior di pelle, sopratutto dal nostro capitano, che in situazioni del genere non nasconde la sua emozione. Dopo il classico discorso del nostro Greg "vecchio stile", che ricorda nella vecchia guardia gli incitamenti di quando ad allenare era proprio Bara the President, entriamo in campo pronti a dare del nostro meglio. A causa di infortuni che hanno costretto molti a rimanere in tribuna, la formazione è rimaneggiata rispetto a quanto si vedeva di solito: a formare la diga lì davanti ci sono Leo Ragazzon a sinistra, l’autore di questo articolo al centro e Capitan Gregory a destra. In sala macchine, ritrova il numero 4 Nicola “Tabellina” Carrer, a fianco di Nicholas Falabretti. In terza, a fianco dei soliti Cesco e Red, troviamo invece Marco “Sancho” Battistella, spostato nelle retrovie per mancanza di personale. Conduttori dell’orchestra ancora Pierantonio “Piera” Dalla Nora ed Enrico “Terminazio” Termine, mentre la cavalleria leggera è composta da Mirco Battistella numero 12 ed Enrico Berti che passa dalla abituale posizione di ala a quella di secondo centro. Alle ali il terzo Battistella dei Grifoni, Luca, e Mattia Drusian, alla prima apparizione da titolare e con questo ruolo; la maglia di estremo invece è affidata a Nicolò. Pronti ad entrare troviamo Gabriele Girardi, Manuel Gerolami e Ale Buosi, tutti di ritorno da brutti infortuni, e il neofita Francesco Comaron. La partita è combattuta soprattutto nel primo tempo, quando riusciamo a chiudere la prima metà di gioco in parità dopo aver fatto vedere le nostre cose migliori, mentre nel secondo, complice la stanchezza, giochiamo con poca lucidità e subiamo tre mete, anche se non sono mancate occasioni in cui potevamo ottenere più di una segnatura sul tabellino. Il risultato è una sconfitta per 5 mete a 2: risultato che, in verità, nessuno fra i giocatori si aspettava. Le mete sono state segnate da Enrico B. dopo una splendida penetrazione nella linea difensiva di Terminazio, che scarica sul secondo centro, il quale zigzagando arriva in meta. La seconda segnatura è stata realizzata da tutta la mischia in un raggruppato penetrante da touche sui cinque metri: la palla dal saltatore, chiusa in cassaforte, arriva (QUASI) fino alla fine della maul ed è Leo “Dusautoir” Ragazzon a schiacciare l’ovale in meta. Gli Irlandesi reagiscono e riescono a portare i conti in parità nel primo tempo, per poi chiudere la pratica nel secondo: la fatica per noi è tanta, ma si tira avanti la carretta col cuore e con l’orgoglio, consapevoli che con soli questi elementi è difficile vincere una partita con una squadra organizzata, ma desiderosi di fare il possibile per vendere a caro prezzo la pellaccia. L’effetto è una partita giocata intensamente, nei limiti delle regole, senza particolari danni fisici, ma soprattutto con la sicurezza nella testa di non aver fatto una brutta figura, anzi. Scendendo più nel dettaglio, in questa partita si sono segnalate analogie e differenze con il nostro modo consueto di giocare, che cercherò di riassumere velocemente e alla bell’e meglio, partendo dalle analogie. Il pack opitergino dimostra nettamente di essere superiore ai diretti avversari in mischia chiusa, nella quale ogni mischia è dominata dalla prima linea ben supportata dalle seconde; solo in un’occasione cede per una poco sicura legatura fra prima e seconda linea, segno che il meccanismo di spinta fra la diga e la sala motori deve essere ben progettato e oliato: la sintonia che si crea fra le due linee della mischia è fondamentale per avere un effetto distruttivo non solo sul fisico ma anche sul morale dei diretti avversari. Nei raggruppamenti spontanei invece sembra mostrarsi il punto di forza del pack irlandese, che riesce molte volte a vanificare i nostri sforzi rubando palla in ruck o facendo crollare una maul. Le differenze invece riguardano la nostra linea di trequarti: mostrandosi sempre buona in fase difensiva, insiste invece molto sulle giocate e sulle penetrazioni dei più veloci, che portano molte volte in crisi la linea di difesa del Clontarf. In questo senso si segnalano soprattutto i due Enrichi, la cui collaborazione ha infatti prodotto la prima meta e molte altre buone occasioni, purtroppo non completamente sfruttate. Purtroppo per noi, pur adottando un gioco abbastanza semplice, i trequarti irlandesi riescono più volte a bucare la linea difensiva ed a concludere l’azione. Alla fine della partita, consueto giro di strette di mano e foto sotto l’acca, prima di entrare per la doccia.

Ultima modifica: 06/03/2012 alle 15:49

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